Requiem di Pasqua (la Flora)

Pubblicato il da G. B.

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Frequento la Val di Chiana e le colline che in essa si specchiano da quattro decenni. Ogni tre o quattro mesi metto piede in questa terra antica ed immota che riesce a donarmi sensazioni sottili ma perentorie in grado di volgere in meglio il mio umore e di permettermi di relazionarmi con il genere umano in letizia ed allegria.

Questo incanto è però turbato da alcuni anni dalla tristissima constatazione del pessimo stato di salute in cui versano le alberature. Sto parlando non solo dei celebri cipressi ma anche degli olmi, delle querce, dei pioppi, degli ulivi e fin’anche dei resistenti noci. Queste essenze tipiche della flora dell’Italia centrale versano in gravi condizioni ed appaiono come disseccate fino ad assumere le attuali sembianze spettrali, soprattutto se paragonate a come apparivano in fotografie di soli pochi anni fa.

Visitando questi luoghi ad intervalli regolari, ho avuto modo di osservarne il decadimento che comincia con le prime e cosiddette ‘epidemie’ una decina di anni orsono. La colpa di tale stato pietoso venne infatti attribuita dagli esperti locali dapprima ad un non meglio identificato ‘fungo’, poi ad un batterio ed infine (e finalmente) alla pessima qualità dell’aria. Ora dobbiamo precisare che in questi ultimi anni, non solo non è cambiato nulla a livello produttivo industriale (bassissimo) o manifatturiero, ma che stiamo parlando di una zona a bassa ed anche bassissima densità abitativa, con un sistema agricolo di impostazione mista e ‘medievale’, con ampissime zone boschive naturali dotate di buona irrigazione e di una tutela ambientale di primo livello, garantita non solo dalle istituzioni e dalle leggi ma soprattutto dall’accorato atteggiamento di protezione e rispetto della popolazione locale per i propri amati luoghi natii.

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Inutile ricordare come il territorio in questione sia funestato negli ultimi tempi dalla piaga delle  scie chimiche e dalla presenza sempre più evidente di ripetitori per telecomunicazioni dalle proprietà e finalità ignote, alcuni dei quali vergognosamente camuffati da rigidi alberi sintetici. Gli unici elementi quindi ‘di novità’ in questi delicati ecosistemi negli ultimi anni, sono rappresentati dalle ben note  operazioni di geoingegneria clandestina che prevedono l’azione combinata di composti biochimici dispersi in atmosfera e delle radiazioni elettromagnetiche emesse dai ‘ripetitori’. Rimane il fatto che le alberature siano oggi languidi ectoplasmi di quello che erano solo dieci anni orsono e che eventuali malattie ‘naturali’ possano colpire una o più specie ma non tutte le alberature insieme! Si tratta infatti di specie diversissime tra di loro per composizione, struttura ed  esigenze nutritive ed ambientali.

Utile è forse ricordare analoghe situazioni patologiche nei parchi romani, dove le vittime sono i pini secolari, oppure nei litorali laziali con le varie specie di palme decapitate dal famigerato ‘punteruolo rosso’, un insetto opportunista che attecchisce in un organismo vegetale già depauperato e compromesso. Si tratta quindi solo di un’invasione di elementi patogeni oppure dell’azione sinergica di composti biochimici e radiazioni, oppure di tutte e due le cause insieme?

Ad essere colpite sono soprattutto le alberature secolari, temprate e naturalmente selezionate dal corso della storia e dall’azione della loro stessa natura. Oggi siamo quindi tristissimi testimoni di questo scempio che non ci rattrista solo per motivi ‘estetici’ ma che ci allarma non poco in quanto riconosciamo come la nostra stessa esistenza dipenda dalla presenza di questi formidabili compagni oggi ridotti a secche e fragili sagome scomposte.

Io sono personalmente convinto che se nessuno interverrà a capovolgere il corso di questi scempi intenzionali, il paesaggio prossimo venturo si presenterà a noi come una landa desolata priva di naturale movimento, di odori, di vita animale. Una tabula rasa pronta per una nuova ‘creazione’ sintetica, oppure un paesaggio venusiano pronto per accogliere una razza robotizzata ed indifferente alla natura stessa?

L’erosione degli ecosistemi avanza di pari passo con l’annullamento dei nostri diritti civili e con lo smantellamento delle economie locali ed nazionali. Chi ha interesse a che ciò accada? Questo declino programmato ed artificiale, si arresterà? Se si, al momento in cui si fermerà, sarà reversibile? Sarà possibile tornare ad uno stadio di naturale floridezza? Purtroppo la mia impressione è negativa. Temo davvero che chi ha messo in opera tanta straordinaria energia ed intelligenza per distruggere gli ecosistemi e le strutture sociali non si fermerà sino a quando la ‘grande opera’ sarà compiuta, a meno che qualcuno non riesca a fermarlo. L’annichilimento intimo di quell’incredibile sistema che definivamo ‘natura’ avviene sotto i nostri occhi, lo osserviamo come incuriositi testimoni, senza scordare che la nostra consistenza è la stessa e che se l’ultimo albero dovesse cadere, cadremmo anche noi nel giro di pochi giorni come avvenne, con ogni probabilità, per i misteriosi abitanti dell’Isola di Pasqua.

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